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La scelta del formato - parte 2

21 Ottobre 2021

La Reggia di Venaria Reale (TO)


A cura di Max Ferrero

Abbiamo visto nell’articolo del mese scorso che, in fase di ripresa, ogni fotografo ha l’opportunità di scegliere quale formato di salvataggio utilizzare. Fondamentalmente sono solo due: il RAW che è un file con un grande quantitativo d’informazioni digitali utili per il fotoritocco e il Jpeg con la sua estesa capacità di presentarsi “leggero” sia nelle dimensioni del file, sia nella gestione generale delle elaborazioni necessarie per ottenere buone immagini.

A queste due scelte si aggiungono una grande varietà di formati che presentano caratteristiche interessanti per raggiungere l’obiettivo che l’autore intende realizzare. Saltando a piè pari tutti i formati di utilizzo prettamente grafico, abbiamo voluto concentrarci su quelli disponibili sui maggiori software di fotoritocco e molto utili ai fotografi.

Li abbiamo anche divisi in due macro-categorie distinguendo i formati che NON perdono informazioni comprimendo i file (lossless) e quelli che PERDONO informazioni causa compressione dati, per realizzare risultati più “leggeri” utili per essere utilizzati sul web (lossy). I file Lossless (senza perdita, tradotto letteralmente) focalizzano le proprie caratteristiche sul fattore qualità, sono tendenzialmente necessari per ottenere stampe di qualità, sono ovviamente più pesanti come dimensioni file e potrebbero avere necessità di computer performanti. I formati Lossy (perdente, tradotto letteralmente), hanno la caratteristica di comprimere il file attraverso dei complicati algoritmi che alleggeriscono il file eliminando (a loro piacimento) delle informazioni della fotografia che reputano (sempre loro) poco utili e sacrificabili. Ovviamente i migliori in questa categoria saranno quelli che riusciranno a comprimere meglio e con minori perdite d’informazioni.


I formati LOSSLESS

  • RAW – È il primo e il più importante di tutti i formati senza perdita d’informazioni. Di questo formato abbiamo già parlato nel precedente articolo, aggiungiamo solo che uno dei suoi handicap maggiori è che esistono numerosi formati proprietari di differenti case produttrici non compatibili fra loro. Così la Canon offre dei formati RAW dal nome in codice .CR2, i Nikon sono contraddistinti dall’acronimo .NEF oppure .RAF se prodotti dalla Fuji. Per vederli ed elaborarli è necessario possedere dei software di fotoritocco professionale nonché la voglia d’apprendere come funzionino. Alcune volte questi software sono forniti insieme alla fotocamera o scaricabili dal sito del produttore.
  • DNG – È uno speciale RAW ideato dal gigante dei programmi di fotoritocco ADOBE. Il suo intento era quello di unificare sotto una sola sigla e sotto un unico file le molteplici proposte dei produttori. Pur avendo dei grossi punti a favore rispetto ai RAW “privati”, il tentativo non è andato in porto come avrebbero voluto gli sviluppatori. Alcuni fotografi lo hanno adottato come matrice fondamentale del proprio archivio, ma liberarsi del file originale generato dalla macchina è cosa assai poco consigliata e questo comporta un’archiviazione doppia di due foto uguali ma con formati diversi. Un’operazione che necessita di molto, ma molto spazio su hard disk.
  • PSD – È il formato offerto dalla Software House Adobe per elaborare in modo professionale i file fotografici o grafici. Supporta file a 8 – 16 bit, conserva nei salvataggi realizzati la memoria dei vari livelli applicati, livelli di regolazione, tracciati di livello, tracciati di selezione e filtri di livello. Non applica nessuna compressione, ma è utilizzabile solo con il suo programma dedicato, Photoshop appunto. È sicuramente un file ultra professionale, ma per nulla impiegabile in condivisione con altri soggetti a meno ché anch’essi possiedano il costoso software di elaborazione fotografica.

la scelta del formato

Nei riquadri contrassegnati in rosso sono indicati due tipi di livello comunemente utilizzati nei file professionali per l’elaborazione delle immagini. Il riquadro più in basso è un livello “normale” impiegato per inserire elementi parziali o immagini complete che si devono aggiungere o fondere con il livello base. Quello superiore indica un livello di regolazione, ovvero un controllo dell’immagine (in questo caso un intervento sulle curve di luminosità) che invece di essere applicato all’immagine direttamente, è accostato alla foto attraverso un livello registrabile e quindi modificabile anche dopo aver chiuso il file.


  • TIF – È una meravigliosa alternativa al formato PSD perché universale e visibile sulla maggior parte dei software. Possiede tutte le caratteristiche del formato di Adobe, compreso il salvataggio di quelle “cose” complesse che abbiamo chiamato livelli. È un file estremamente gradito agli stampatori di prossimità, cioè quelli con cui è possibile interagire in presenza per apportare modifiche utili a ottenere il risultato desiderato in base alla carta o alla stampante utilizzati.
  • BMP (Bitmap) – È un formato senza perdita d’informazioni, molto veloce da utilizzare in ambiente windows, ma con il tempo è diventato obsoleto incapace com’è di comprimere i file e di essere leggero oppure di salvare le immagini a multilivello. Un pezzo di storia dell’informatica che potrebbe tranquillamente essere dimenticato dal punto di vista operativo.
  • GIF – Alcuni conoscono questo file particolare grazie a quelle animazioni veloci, leggere e spesso ironiche che si utilizzano al posto degli emote nei social network. Ha la caratteristica di saper registrare le trasparenze di un’immagine, ma il suo limite è nella qualità generale. Può salvare solo 256 diversi tipi di colori, si utilizza generalmente in grafica e lo abbiamo citato in questo articolo perché essendo particolarmente conosciuto mi anticipa il prossimo formato molto interessante e meno famoso.
  • PNG – Possiede la caratteristica principale del GIF sulle trasparenze ma è in grado di salvare immagini ad alta qualità. Se la nostra necessità è di esportare elaborazioni con delle trasparenze senza dover utilizzare i livelli descritti nel PSD o nel TIF allora è il formato giusto per noi.

la scelta del formato

I formati che non supportano le trasparenze trasformeranno una immagine con un vuoto in una immagine in cui il vuoto è riempito da una colorazione bianca. I file che supportano le trasparenze possono generare immagini che potranno essere utilizzate in seguito come porzioni di foto o di grafica da applicare sopra altre immagini.


I formati LOSSY

Se la qualità non è l’elemento primario delle nostre esigenze i seguenti formati a forte compressione possono essere i più utili e necessari per ottenere un compromesso accettabile tra “pesantezza” del file e risultato qualitativo. Tutti i file di questo tipo consigliamo di salvarli sempre con un nome differente rispetto all’originale per evitare che a ogni nuova compressione i file possano degenerarsi. Un po’ come fare continuamente fotocopie della fotocopia appena ottenuta. A poco a poco i dati si corrompono facendoci perdere qualità, colori e dettaglio.

  • JPG o JPEG – È il formato più utilizzato al mondo. Le sue caratteristiche le abbiamo già accennate nell’articolo precedente e possiamo solo aggiungere che il compromesso tra qualità e compressione è gestito dalla finestra delle opzioni in cui la scelta della qualità influirà sull’immagine e sulla sua dimensione finale.

la scelta del formato
  • JPEG 2000 – Usa un algoritmo di compressione migliore rispetto al suo fratello più vecchio. Nonostante ciò non ha avuto grande successo e sono pochi coloro che lo utilizzano. In effetti chi ricerca maggiore qualità non tende a migliorare leggermente un Jpeg, ma cambia totalmente il file di salvataggio ricercando un formato senza perdita di dati.
  • WEBP – È un recente formato ideato da Google per ottimizzare il suo utilizzo sul web. La sua compressione è più intelligente rispetto al Jpeg e consente di ottenere immagini meno rovinate a parità di compressione. Per poterlo utilizzare è necessario installare uno speciale plug-in sui nostri software di fotoritocco.

Max Ferrero

Giornalista dal 1987, Max Ferrero ha pubblicato su tutte le maggiori testate italiane e i suoi reportage si sono concentrati e specializzati nell'ambito della ricerca sociale. Servizi fotografici sulla guerra nell'ex Jugoslavia, il Kurdistan iracheno, il Centro America, l'immigrazione extracomunitaria, i nomadi, gli ospedali psichiatrici e le carceri sono stati oggetto di pubblicazioni e mostre sia per Associazioni, Musei o Comuni quali: Torino, Milano, Lucca, Roma, Novara, Racconigi, Venaria Reale, Chivasso, Gaeta. Ha collaborato con le agenzie fotogiornalistiche: Lucky Star, Photodossier, Linea Press, Blow Up e attualmente AGF. Co-fondatore dell'agenzia fotografica Sync-studio di Torino, attualmente lavora anche su temi geografici e didattici. Attraverso la sua attività d'insegnante, collabora dal 2009 con il sito di divulgazione fotografica Fotozona (www.fotozona.it) curandone gli articoli tecnici e l'aspetto critico. Dal 2011 è professore di fotografia presso l'Accademia di Belle Arti di Novara. Nel 2017 pubblica presso la casa editrice Boopen il libro di tecnica base "tre gradi di profondità fotografica".


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