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La scelta del formato

28 Settembre 2021

Scatto realizzato ad alti ISO e con una scena molto contrastata e difficile, l’uso del file RAW ha permesso di ottenere il risultato desiderato grazie alle infinite possibilità di correzione/postproduzione fornite.


A cura di Max Ferrero

Con questo titolo intendiamo parlare dei formati file che memorizzeranno le nostre immagini, da non confondere con l’altro significato della parola riferentesi alla grandezza fisica della foto. Alla sua scelta non dedichiamo molto della nostra attenzione, si dà per scontato che la scelta impostata dal costruttore del nostro apparato fotografico sia la migliore e si tengono sempre quelle impostazioni, un po’ per pigrizia, un po’ per comodità.
Per chi non vuole imparare cose nuove e complicarsi la vita va bene continuare con questa procedura, per tutti gli altri, sicuramente per coloro che avranno voglia di leggere queste righe, la soluzione migliore è sfruttare tutte le possibilità che la macchina (prima) e il software di fotoritocco (dopo) ci forniscono. I formati a disposizione sono molti, alcuni fondamentali. Vediamo insieme, quindi, le possibilità e le caratteristiche che sono a nostra disposizione.


La scelta in camera

Le fotocamere di medio alta qualità, ci forniscono la possibilità di scegliere sempre almeno 2 formati di salvataggio: il classico Jpeg (o jpg) e il RAW. Nelle fotocamere più vecchie si potrebbe ancora trovare il formato Tif (scelta ormai obsoleta, ma di questo importante formato ne parleremo nella seconda puntata, quando ci sposteremo nell’ambito del fotoritocco).

Il primo è un formato comodo, “snello” e leggero (non occupa troppa memoria nelle schede), facile da spedire via web e spesso già utilizzabile così com’è una volta salvato sulla scheda di memoria. Per queste sue caratteristiche è il formato principe in tutte quelle fotocamere cosiddette “amatoriali” (compreso la maggior parte dei cellulari). Il formato RAW, con la sua potente capacità di registrazione dati, è in grado di fornire tutte le possibilità di elaborazione fotografica che il primo formato descritto non è in grado di supportare. Per contro è impegnativo, pesante (occupa molta memoria e le schede di registrazione devono essere capienti), il suo utilizzo passa per forza di cose attraverso l’obbligo di una postproduzione, cosa assai sgradita per chi vuole ottenere subito una foto pronta per essere utilizzata e condivisa.

La scelta tra i due formati è proprio questa: Jpeg per chi non ha tempo da dedicare alla postproduzione, RAW per chi non si accontenta di uno scatto ottimizzato velocemente dall’intelligenza (?) artificiale di una macchina. Ovviamente questa è una semplificazione, a volte anche un professionista potrebbe avere la necessità di spedire le foto in modo rapido, oppure anche un fotoamatore alle prime armi vorrebbe scattare una foto particolare a cui dedicare un po’ di cura per migliorarne le caratteristiche. In questi casi ci salva la possibilità di salvare due formati contemporaneamente dallo stesso scatto. Otterremo così tutti i vantaggi dei formati, ma consumeremo più in fretta lo spazio libero presente sulla scheda di memoria.


Il RAW

Quando un fotografo sceglie di utilizzare il formato RAW, proprio perché ostico e per nulla agevole, è perché è consapevole di ciò che sta facendo. Si tratta di un formato che non può nemmeno essere aperto e visto da programmi non specifici. È un file da 12 – 14 bit in grado di registrare Miliardi d’informazioni luminose e cromatiche. Le sue capacità riproduttive sono migliaia di volte superiori rispetto a un file Jpeg, ma queste caratteristiche si pagano in pesantezza del file (dalle 8 alle 15 volte più grosso rispetto a un pari file jpeg ad alta risoluzione) e per complicazioni tecniche dovute alla sua natura informatica (quasi tutti gli apparati di riproduzione che siano stampanti o monitor sono a 8 bit e non riproducono file con bit superiori). Per questo motivo non mi addentro nelle sue caratteristiche prestigiose molto utili a un fotografo esperto. Però esperti si diventa, poco alla volta, passo dopo passo e quando la necessità di ottenere uno scatto si trasformerà nel piacere di ottenere una fotografia… in quel preciso momento sentirete il bisogno di passare a questo formato di salvataggio file. Il RAW può essere alleggerito attraverso una tecnica chiamata pixel binning che consiste nell’utilizzo di un minor numero di pixel per generare file a risoluzione più bassa, con meno rumore digitale, ma anche meno risoluzione finale.

la scelta del formato
Il formato RAW, con la sua alta latitudine di posa (capacità di riprodurre elementi con forti differenze luminose) ha permesso di fotografare una giostra in controluce senza perdere i dettagli nelle ombre oppure i toni azzurri del cielo

Il Jpeg

Sebbene sia adoperato da tutti è spesso poco conosciuto o incompreso, allora mettiamo in luce alcune massime (anche se non esistono regole assolute inviolabili). Questo formato non è da demonizzare, sebbene inferiore al RAW per evidenti mancanze tecniche, è indubbio che sa fornire ottimi risultati per chi si accontenta, per chi non ha esperienza, è alle prime armi o usa il cellulare come gioco o taccuino per gli appunti mnemonici, è necessario, però, non cadere in alcune trappole insite nel formato.

Il jpeg è un file a 8 bit capace di salvare 16.777.216 informazioni per riprodurre toni e luminosità, come potete vedere, rispetto al RAW, la sua capacità riproduttiva è notevolmente ridotta. Anche se ottimizzato direttamente in camera per esaltare la bellezza finale del file, la sua gradevolezza dipende fondamentalmente da quanto è capiente e da quanto lo comprimiamo al momento del salvataggio. Il Jpeg ha la caratteristica di poter essere compresso per occupare meno spazio sulle schede di memoria diventando leggero anche per spedizioni via web o mail, ma ogni compressione riduce la capacità di registrazione dati con evidenti successive perdite di dettaglio e qualità visive. Queste peculiarità sono rimaste immutate negli anni e se un tempo lo spazio di memorizzazione era molto importante perché le schede erano molto costose, oggi questa situazione non sussiste più. Non ha più alcun senso scattare file a bassa risoluzione oppure comprimere molto. Quindi è necessario, se proprio vogliamo utilizzare il file jpeg, impostarlo SEMPRE alla massima risoluzione possibile e alla minima compressione a disposizione.

la scelta del formato
In questo menu di una fotocamera Canon possiamo notare che sono disponibili 3 tipi differenti formati RAW: quello pieno è alla massima risoluzione della fotocamera, quello M (medium) a risoluzione più bassa e quello S (small) per il file più leggero possibile. I Jpeg sono indicati con la lettera L (large) quelli a massima risoluzione) M e S (medium e small) per indicare risoluzioni inferiori. Per ogni risoluzione è possibile scegliere tra il formato con la grafica tondeggiante o scalettata. La prima comprime poco la seconda molto compromettendo la qualità generale dell’immagine. Basse risoluzioni e alte compressioni sono da evitare come la peste!

la scelta del formato
Il file Jpeg, per essere già pronto e bello dopo lo scatto, viene elaborato dalla macchina fotografica secondo dei parametri impostati dal produttore, ma anche modificabili dall’autore stesso. Sono i cosiddetti picture style personalizzabili nella nitidezza (sharpness), nel contrasto (contrast), nella saturazione dei colori (saturation) e nella dominante generale dei colori (color tone).
Alcuni set sono già pronti e costituiti, altri possono essere programmati e salvati a seconda delle proprie esigenze. Portando la saturazione a valori negativi si otterranno dei file desaturati fino a ottenere il bianco e nero direttamente in camera con la saturazione impostata al minimo.
I picture style sono praticamente inutili per i file RAW che tanto possono modificare tutto e meglio dopo lo scatto in fase di postproduzione.

Max Ferrero

Giornalista dal 1987, Max Ferrero ha pubblicato su tutte le maggiori testate italiane e i suoi reportage si sono concentrati e specializzati nell'ambito della ricerca sociale. Servizi fotografici sulla guerra nell'ex Jugoslavia, il Kurdistan iracheno, il Centro America, l'immigrazione extracomunitaria, i nomadi, gli ospedali psichiatrici e le carceri sono stati oggetto di pubblicazioni e mostre sia per Associazioni, Musei o Comuni quali: Torino, Milano, Lucca, Roma, Novara, Racconigi, Venaria Reale, Chivasso, Gaeta. Ha collaborato con le agenzie fotogiornalistiche: Lucky Star, Photodossier, Linea Press, Blow Up e attualmente AGF. Co-fondatore dell'agenzia fotografica Sync-studio di Torino, attualmente lavora anche su temi geografici e didattici. Attraverso la sua attività d'insegnante, collabora dal 2009 con il sito di divulgazione fotografica Fotozona (www.fotozona.it) curandone gli articoli tecnici e l'aspetto critico. Dal 2011 è professore di fotografia presso l'Accademia di Belle Arti di Novara. Nel 2017 pubblica presso la casa editrice Boopen il libro di tecnica base "tre gradi di profondità fotografica".


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