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La composizione dell'immagine

23 Giugno 2020

A cura di Max Ferrero

La tecnologia ci ha abituati al meglio. Le fotocamere hanno raggiunto un tale progresso da far quasi dimenticare i vecchi problemi legati alla sovra o sottoesposizione, al mosso o alle sfocature involontarie. Apparentemente il fotoamatore sembrerebbe tutelato nella creazione di fotografie di buona qualità, eppure il senso d’insoddisfazione continua a tormentare un po’ tutti. A nulla servirebbe effettuare un cambio di attrezzatura, modelli più performanti e promettenti non risolverebbero definitivamente il problema, ciò è dovuto al fatto che la fotografia non è solo tecnologia o tecnica ed è per questo che una “bella foto” è il connubio tra l’attrezzatura che si possiede e la sensibilità fotografica/artistica di cui il fotografo è dotato.
La tecnologia non potrà mai sostituirsi a due aspetti fondamentali nella buona riuscita di uno scatto: l’idea e la composizione. Della prima non parleremo poiché creativi si nasce, si possono suggerire tecniche per essere più originali rispetto alla media, ma non esistono e non possono esistere regole d’applicare sistematicamente. Con la composizione, invece, possiamo regalare molti suggerimenti facili d’applicare.


Iniziamo a “leggere”

Siccome la fotografia è un linguaggio, visivo ma sempre linguaggio, potremmo asserire che la giusta composizione è la serie di regole grammaticali che regolano la lettura visuale di un’immagine. Ho scritto immagine e non fotografia perché tale grammatica si può applicare a qualsiasi icona o pittura, statica o dinamica. In linea di massima il nostro occhio analizza ogni fotografia in questo modo:

composizione

La visione avviene nella stessa forma in cui potremmo leggere una pagina di giornale o un libro: si procede dall’alto a sinistra verso il basso a destra. Generalmente si suddivide l’osservazione in pochi punti essenziali, se in questi punti l’occhio incontra elementi d’interesse, l’osservazione prosegue e si concentra su tutta +l’immagine. Tale procedimento è chiamato la “regola dei terzi”, a livello teorico i punti più importanti sono il primo e l’ultimo. Il primo può dare al cervello un input d’interesse per proseguire nell’osservazione, l’ultimo è quello che rimane maggiormente memorizzato. Questa regola può essere inizialmente utile perché aiuta anche a non collocare la linea d’orizzonte al centro del formato, obbligando il fotografo a scegliere se mettererlo sul primo terzo (enfatizzando la terra) oppure sul terzo (enfatizzando il cielo). Aiuta a sfruttare i punti di maggior interesse per soggetti piccoli che potrebbero disperdersi in sfondi troppo ampi. Ovviamente la corretta composizione non si può basare solo su un concetto così semplice, se così fosse, tutti i fotografi del mondo utilizzerebbero questa semplice regola e tutte le foto sarebbero perfettamente uguali e monotone.


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In questa seconda foto la regola dei terzi è stata superata enfatizzando maggiormente il cielo, lasciandogli ancora più spazio ponendo l’accento sul temporale in arrivo.


Esercizio 1

Cercate un panorama con una linea d’orizzonte precisa e fate diversi scatti collocando questa linea ipotetica sulle diverse altezze del fotogramma. Non abbiate paura di esagerare e scattate diverse foto. Alla fine scegliete l’orizzonte più consono al vostro stile e proseguite su questa decisione finché non vi verrà voglia di cambiare e provare nuove soluzioni.


Orizzontale o verticale?

La maggior parte degli scatti sono effettuati in orizzontale. Tale scelta è determinata da alcuni fattori tra cui l’abitudine a osservare tutto attraverso la nostra visione oculare che si sviluppa in tale direzione. Televisione e cinema non hanno fatto altro che ampliare lo spazio orizzontale dello schermo, impossibilitati come sono a sfruttare il formato verticale. L’altro fattore che determina la scelta dello scatto orizzontale è la pigrizia: in verticale la macchina fotografica è scomoda, più instabile e complica lo scatto.
Eppure la scelta di quale direzione utilizzare è una delle forze in più che la fotografia possiede nei confronti del cinema o dei video. Noi possiamo decidere e cambiare tutto semplicemente inclinando la macchina per determinare lo spazio adeguato al nostro soggetto.
Ecco qual è la semplice regola della scelta: assegnare lo spazio migliore al soggetto. Questa regola serve per evitare che ci siano spazi o oggetti inutili intorno a ciò che abbiamo deciso di fotografare. Ricordatevi che sono inutili tutti gli oggetti che non contribuiscono alla lettura dell’immagine e del vostro desiderio creativo. Non c’è differenza tra oggetti brutti o inutili, sono ugualmente da eliminare perché i primi è sempre meglio non vederli e i secondi possono complicare l‘osservazione.
Per assegnare il miglior spazio possibile al soggetto bisogna seguire la sua proporzione. Se verticale bisogna scattare in verticale se orizzontale di conseguenza. Sembra una regola lapalissiana eppure moltissimi fotografi non la seguono per nulla.

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Questa è una tipica immagine in cui il soggetto principale si sviluppa su di un’asse verticale. Lo sfondo bianco aiuta a isolare la figura umana sottolineando il gesto di “esageratamente” pensieroso.
Lo spazio lasciato intorno al soggetto è sufficiente ma non abbondante. Vedremo in seguito che anche il vuoto ha un suo specifico significato, quindi nelle foto semplici meglio inquadrare sempre in modo tale che il soggetto occupi il più ampio spazio possibile.
Nell’immagine sottostante, invece, il vero soggetto diventa lo sguardo incorniciato dalle mani quindi lo sviluppo totale del soggetto diventa orizzontale. Cappellino e corpo sono sacrificati con un taglio deciso per convogliare maggiormente l’attenzione sul vero intento della foto.
Come potete notare, a parità di soggetto, coesistono varie interpretazioni d’inquadratura perché è il fotografo a decidere cosa vuole far diventare il fulcro dell’immagine.

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Le inquadrature oblique servono per enfatizzare la perdita dell’equilibrio. Anche se inclinare tutto può sembrare un modo evoluto d’inquadrare spesso può risultare fastidioso.


Esercizio 2

Scegliete un soggetto e fotografatelo con l’inclinazione più adeguata alle sue forme. Dopo il primo scatto cambiate inclinazione e trovate la composizione più giusta, con il medesimo soggetto, ma con direzione opposta. Ovviamente non dovete farlo a caso e perché funzioni dovrete concentrarvi su alcune caratteristiche del soggetto.


La scelta del formato

Oltre alla scelta della direzione possiamo anche decidere quale formato si addice maggiormente al nostro modo di fotografare. Tendenzialmente le forme geometriche che si possono scegliere sono due: il formato rettangolare e quello quadrato.
Il formato rettangolare può differenziarsi molto semplicemente alterando il rapporto tra il lato corto e quello più lungo.

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Le immagini con formato 4/3 hanno il lato maggiore più lungo di 1/4 (non vengono date delle misure precise ma solo il rapporto tra i due lati). Tale formato è quello utilizzato, solitamente, dalle fotocamere compatte, dalle mirrorless e dalle reflex Olympus. Il risultato è un formato ibrido tra il quadrato e il più classico rettangolo fotografico. Si adatta perfettamente alla stampa su dimensioni classiche quali il 20x25 o il 30x40. E’ una questione di gusti, ma la sua mancanza di forte personalità non permette di sfruttare le grandi potenziaità fornite da rettangoli con proporzioni più estreme.


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Le immagini con formato 2/3 hanno il lato maggiore più lungo di 1/3 (sono di proporzioni più allungate di quello precedente). Corrispondono ai rapporti delle diapositive o dei negativi analogici delle fotocamere 135mm. E’ il formato principe nella fotografia, la sua disposizione più decisa permette scelte nette tra il formato orizzontale e quello verticale.
Per le sue proporzioni sono stati sviluppati dei formati dedicati alla stampa come il 10x15 cm, oppure il 12x18 o il 20x30 questi ultimi inesistenti al tempo delle pellicole.


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Tra questi due formati rettangolari esistono una varietà di proporzioni, fino ad arrivare all’estremizzazione di questo paesaggio con rapporto 12/3 (il lato più lungo è 4 volte il lato corto). Come ogni estremizzazione deve trovare il giusto soggetto per funzionare. Le sue funzionalità sono di esaltazione degli spazi e delle proporzioni. L’albero sembra un piccolo elemento in mezzo alla vastità dell’orizzonte, ma la sua bellezza e la sua unicità rispetto allo spazio apparentemente vuoto, lo rendono il soggetto inequivocabile.


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Il formato quadrato ha una forma unica, statica, stabile, inalterabile, solida, forte e pesantemente equilibrata. Le foto che si adattano alla sua forma, sono tutte le immagini che si avvicinano agli aggettivi appena descritti. Il formato quadrato si presta molto bene alla centralità sia del soggetto sia delle forme che compongono la fotografia. Persino la linea d’orizzonte può essere nel punto più sbagliato secondo la regola dei terzi, vista all’inizio di quest’articolo.
Nella foto si nota anche una vignettatura più scura ai bordi che ha anch’essa la funzione di centralizzare l’osservazione.
Il formato quadrato ricerca la pulizia delle linee, mal si adatta alle fughe prospettiche e dinamiche.

Badate bene, ho scritto mal si adatta non che sia impossibile, nelle regole dell’inquadratura le stesse imposizioni devono essere messe in discussione ogni qual volta sia possibile farlo.
La foto qui a fianco si presenta quadrata, gioca la sua forza sulla potenza della luce e su dei raggi immaginari che esplodono al centro per lasciare intravedere i soggetti mano a mano che ci si avvicina ai bordi.
Le mani ricordano, a grandi linee, la figura dell’uomo vitruviano di Leonardo da Vinci e riempiono l’intero formato. Il cerchio e il quadrato coesistono nello stesso spazio e conferiscono all’immagine sia l’equilibrio sia una leggera aura di misticità.


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Il formato quadrato non ama i fronzoli e deve essere essenziale. Al suo interno nulla deve comparire per caso ma deve essere ponderato e percepito con la giusta importanza. Gli stessi oggetti, in secondo piano, se tagliati o mozzati potrebbero rovinare l’equilibrio generale della foto.


Esercizio 3

Concentratevi su di un solo scatto e provate a creare immagini che, sullo stesso soggetto, possano funzionare con almeno tre o quattro formati diversi. State sempre un po’ più larghi di quanto potrebbe esservi utile. In tal modo sarete liberi di maggiori tagli o aggiustamenti con la taglierina di Photoshop o programmi simili.

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Max Ferrero

Giornalista dal 1987, Max Ferrero ha pubblicato su tutte le maggiori testate italiane e i suoi reportage si sono concentrati e specializzati nell'ambito della ricerca sociale. Servizi fotografici sulla guerra nell'ex Jugoslavia, il Kurdistan iracheno, il Centro America, l'immigrazione extracomunitaria, i nomadi, gli ospedali psichiatrici e le carceri sono stati oggetto di pubblicazioni e mostre sia per Associazioni, Musei o Comuni quali: Torino, Milano, Lucca, Roma, Novara, Racconigi, Venaria Reale, Chivasso, Gaeta. Ha collaborato con le agenzie fotogiornalistiche: Lucky Star, Photodossier, Linea Press, Blow Up e attualmente AGF. Co-fondatore dell'agenzia fotografica Sync-studio di Torino, attualmente lavora anche su temi geografici e didattici. Attraverso la sua attività d'insegnante, collabora dal 2009 con il sito di divulgazione fotografica Fotozona (www.fotozona.it) curandone gli articoli tecnici e l'aspetto critico. Dal 2011 è professore di fotografia presso l'Accademia di Belle Arti di Novara. Nel 2017 pubblica presso la casa editrice Boopen il libro di tecnica base "tre gradi di profondità fotografica".


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