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Scattare o fotografare?

10 Novembre 2017

A cura di Max Ferrero

Scattare o fotografare: quali sono le differenze?

Era il 1997 quando dopo una serie d'insuccessi Joanne Rowling riuscì a pubblicare un libro, presso una piccola casa editrice inglese, dopo aver vissuto ben dodici rifiuti. Il titolo del libro, che compie venti anni, era: "Harry Potter e la pietra filosofale".
Sembra impossibile pensare che il capolavoro fantasy da 450 milioni di copie vendute sia stato scritto all'interno del pub del cognato dove la scrittrice era solita recarsi per usufruire del riscaldamento che non aveva nella sua abitazione. Una magia pari, se non superiore, a quelle raccontate nei sette libri di Harry. In quei libri scrisse la propria frustrazione e la voglia di riscatto intercettando il desiderio di milioni di lettori in cerca di affrancamento ed emancipazione. Le ricette del successo sono semplici ma geniali:

  • Un bambino dalle caratteristiche apparentemente sotto la media è il predestinato a cambiare le sorti del mondo e a farsi paladino della giustizia.
  • Tutte le angherie e le sopraffazioni hanno un finale di sottile rivalsa, quasi di vendetta.
  • Tra le dita ha una bacchetta magica personale, inutile nelle mani di chicchessia, potentissima tra le palme del giusto proprietario. Essa rende concreti i desideri del suo padrone se in possesso della giusta conoscenza magica e arcana.

Fotografare è la nostra magia

Vi chiederete giustamente "ma cosa c'entra questa premessa con la fotografia"? Ben poco se non per l'ultima indicazione, quella della bacchetta magica che noi, oggi, senza saperlo o immaginarlo, possediamo e usiamo.
Nei primi anni '90 si poteva già intuire il processo rivoluzionario che i cellulari stavano apportando alla società. Nel 1973 il ricercatore della Motorola Martin Cooper eseguì la prima chiamata cellulare della storia. Durante il 1992 (gli anni in cui la Rowling stava tracciando le basi per la trama dei libri) la Nokia decise di cambiare la propria attività, da azienda di forniture elettrice divenne leader nella radiocomunicazione mobile. Nel 1997 furono commercializzati i cellulari denominati Star Tac con un design innovativo ispirato al Tricorder della saga di Star Trek. Forse solamente la visionaria Rowling prima e il genio di Steve Jobs in seguito nei primi anni del nuovo millennio, potevano immaginare che lo strumento per comunicare si sarebbe trasformato in una bacchetta magica a disposizione di tutti. In quella scatola che teniamo in tasca, abbiamo radio, telefono, navigatore, lettore MP3, conoscenza, connessione e possibilità di creare immagini sia statiche (foto) sia in movimento (video). In poco più di 100 centimetri quadrati abbiamo un concentrato di sopravvivenza di sapienza e creatività. Sono degli organi integranti del nostro vivere e quando non ci ricordiamo qualche cosa, la connessione a internet diventa la nostra rete neuronale collettiva.

star tak

Il presente

Da quel lontano 1997 sono passati vent'anni, in quest'intervallo anche la fotografia si è trasformata, il passaggio dall'analogico al digitale ha reso più popolare e democratico l'atto creativo dello scatto. L'assenza di un rullino ha permesso di liberarsi dal concetto della macchina fotografica classica per inserirla direttamente all'interno degli smartphone. Questa nuova tendenza ha rivoluzionato il modo di pensare e di scattare, solo poco tempo fa chi intendeva imprigionare un istante, bloccare un ricordo o creare un'immagine doveva deciderlo a priori e portarsi appresso la macchina fotografica, ora è diventato un gesto più istintivo, la macchina è sempre presente nelle nostre tasche pronta all'uso in qualsiasi evenienza.
Come ogni cosa al mondo, anche le più incredibili e meravigliose non sono esenti da problematiche. Avere sempre accanto uno strumento per scattare non significa avere la certezza di portare a casa una buona fotografia, direi ancora di più: possedere una macchina che fa fotografie non significa essere capaci di fotografare. Un oggetto fintamente intelligente non può sostituire con un colpo di bacchetta quasi 200 anni di storia della fotografia e millenni di pensiero creativo sull'ideazione d'immagini, sebbene dipinte.
Tutta questa lunga premessa mi serviva solo a far capire la differenza tra la magia "immaginata" di romanzi famosi e promesse pubblicitarie e quella "reale" fatta di applicazione, pensiero e creatività. I miei futuri articoli saranno rivolti a chi pensa di far parte di questa seconda categoria, spiegherò a passo a passo, quali sono o possono essere i modi di migliorare gli scatti trasformandoli, poco alla volta, da frame dimenticabili a momenti indissolubili, proprio il concetto che i primi fotografi dell'800 si dannavano per realizzare.

smartphone

Scattare o fotografare?

Pensate sia la stessa cosa? Ovviamente no e questo è il dilemma. Nella prima azione si esprime solamente il gesto determinato dalla pressione di un pulsante vero o digitale. Nel secondo caso si descrive un processo creativo. L'etimologia della parola deriva dal greco antico (phos = luce e graphia = scrittura) e significa "scrivere con la luce". E' vero che si può scribacchiare a vanvera frasi sconnesse e senza senso, ma il concetto stesso dello scrivere è quello del comunicare. Scrivere con la luce, fotografare quindi, significa trasmettere conoscenza e pensiero, comunicare visivamente passioni e concetti.
Scattare e creare immagini è semplicissimo e tutti i moderni apparati digitali si sono concentrati nel fornire la massima qualità nella massima semplicità operativa, dimenticando e facendo dimenticare alcuni fattori fondamentali utilissimi, se non indispensabili, a creare immagini che suscitino interesse e che si facciano ricordare. Per sapere se fate parte della miriade di persone che scattano o di quelle poche che fotografano ponetevi la domanda: "Scatto per ricordare? Scatto per farmi vedere o fotografo per esprimermi?" In questa domanda è già impressa la risposta. Ma c'è un'altra domanda ancora più importante che potete porvi: "Io voglio realmente fotografare?" Ecco, qui la risposta è assai più complessa. Tutti noi, nella nostra lunga o breve esistenza abbiamo imparato lentamente a migliorare il nostro linguaggio, raggiungendo una certa padronanza che è direttamente proporzionale alle nostre esigenze. Un insegnante dovrà per forza di cose avere un'alta competenza della lingua e della scrittura, a uno straniero in visita turistica nel nostro paese può essere sufficiente la dimestichezza con qualche vocabolo, giusto per essere gentile o per soddisfare dei bisogni primari quali il cibo e il sonno.
La stessa cosa avviene in fotografia. Se ciò che v'interessa è il semplice ricordo allora è sufficiente sapere quale pulsante o icona devo toccare sul cellulare. Il ricordo è un rimando a ciò che si è vissuto o si sta vivendo, basta che sia nitido e visibile, è sufficiente che sia riconoscibile e il gioco è fatto. Per tutti gli altri, per quelli che vorrebbero ottenere di più di un "appunto visivo" ecco che diventa necessario approfondire l'argomento... quanto indagare lo deciderete voi.


Per concludere

A questo punto avete tre possibilità per procedere con il vostro cammino fotografico:

  • Far finta di non aver letto nulla d'interessante e continuare come avete sempre fatto fino ad ora.
  • Provare a leggere i prossimi articoli che compariranno su questo blog cercando di carpire i consigli e le "malie" per migliorare gli scatti in qualche cosa di più ricercato e complicato.
  • Procedere a una più approfondita conoscenza delle basi fotografiche, forse un po' più complesse e faticose ma che vi aiuteranno a essere realmente Smart.

Le vecchie generazioni dovevano aspettare intere vite per assistere a cambiamenti epocali. Adesso ci abituiamo tranquillamente alla trasformazione delle nostre pratiche senza quasi più stupirci di quanto e come cambia il mondo che ci circonda. Oggi la tecnologia ci ha fornito la bacchetta magica tanto anelata per millenni ma avendola conquistata tutti e contemporaneamente, ci sembra che la magia sia alquanto slavata e incolore. La vera stregoneria non è fornita dalla bacchetta ma da chi la impugna.

bacchetta magica

Max Ferrero

Giornalista dal 1987, Max Ferrero ha pubblicato su tutte le maggiori testate italiane e i suoi reportage si sono concentrati e specializzati nell'ambito della ricerca sociale. Servizi fotografici sulla guerra nell'ex Jugoslavia, il Kurdistan iracheno, il Centro America, l'immigrazione extracomunitaria, i nomadi, gli ospedali psichiatrici e le carceri sono stati oggetto di pubblicazioni e mostre sia per Associazioni, Musei o Comuni quali: Torino, Milano, Lucca, Roma, Novara, Racconigi, Venaria Reale, Chivasso, Gaeta. Ha collaborato con le agenzie fotogiornalistiche: Lucky Star, Photodossier, Linea Press, Blow Up e attualmente AGF. Co-fondatore dell'agenzia fotografica Sync-studio di Torino, attualmente lavora anche su temi geografici e didattici. Attraverso la sua attività d'insegnante, collabora dal 2009 con il sito di divulgazione fotografica Fotozona (www.fotozona.it) curandone gli articoli tecnici e l'aspetto critico. Dal 2011 è professore di fotografia presso l'Accademia di Belle Arti di Novara. Nel 2017 pubblica presso la casa editrice Boopen il libro di tecnica base "tre gradi di profondità fotografica".


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