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(Non) Scattare senza obiettivo

8 Novembre 2019

A cura di Max Ferrero

Spinti da una frenesia tecnologica sempre più impellente, corriamo dietro ad ogni novità fotografica, ricercando i sensori con sempre più capienza (megapixel) o le fotocamere con il maggior numero di punti di messa a fuoco. Siamo in mezzo a una evoluzione continua e senza pari, ogni anno escono sul mercato modelli migliorati, rinnovati, potenziati. Le “mirrorless” surclasseranno le “reflex”, poi qualche altra diavoleria renderà la macchina comperata da poco, un pezzo antiquato e obsoleto. Si alimenterà il miraggio della macchina perfetta che ci permetterà d’ottenere foto sempre più definite. Eppure si può osservare anche un rifiorire della vecchia fotografia analogica, forse è il desiderio d’ottenere risultati un po’ meno prevedibili e scontati, forse è il desiderio di tornare a sentire la magia dello scatto “immaginato” che compare lentamente dentro una bacinella piuttosto che subito visibile su monitor dai colori accentuati.
Più grande di tutte le magie è la scoperta dell’indefinito: un errore, una sfocatura, alcune bruciature o il semplice mosso, sono in grado di generare immagini dalla bassa fedeltà (Low Fi) in grado di stuzzicare l’emozione più del dettaglio perfetto.
La creatività non nasce nella “bambagia”, non riesce a sbocciare quando tutto è facile e a portata di mano. Spesso l’atto creativo è un passo in avanti per evitare la caduta, è un cammino difficile, un passaggio impervio che dà maggiori soddisfazioni se affrontato e vinto con le sole e uniche nostre forze. Il desiderio di molti è quello di riscoprire le emozioni dell’indefinito (l’incertezza del risultato non comprovato dalla visione a monitor del risultato), provare gli entusiasmi della scoperta (non fermarsi alla semplice ripresa ma continuare a seguire il processo creativo fino alla stampa), possedere una copia unica e irripetibile di un istante fotografico (la vecchia, cara e indimenticabile Polaroid con i suoi colori imprevedibili).
Per riscoprire parte di queste emozioni ho voluto, per un giorno, tornare indietro agli albori della fotografia, quando esisteva già un prototipo di macchina fotografica ma non la possibilità d’ottenere immagini statiche perché la pellicola era ancora un desiderio irrealizzabile.
Il titolo che ho scelto: (non) scattare senza obiettivo, gioca sul doppio significato dell’ultima parola che può intendere sia un sistema ottico per la cattura di un’immagine, sia lo scopo finale di un’azione o di un’iniziativa.
Il mio intento era provare la tecnica del foro stenopeico (potete informarvi maggiormente su questa pagina web https://it.wikipedia.org/wiki/Stenoscopia), per ritrovare l’aspetto incerto della vecchia fotografia analogica sfruttando le moderne apparecchiature digitali.

scattare senza obiettivo

La mia macchina fotografica era corredata solo dal tappo di protezione del bocchettone d’innesto obiettivi, su di esso avevo realizzato un piccolo foro per ottenere l’effetto del foro stenopeico direttamente sul sensore della fotocamera.
L’intento era quello di verificare che non è necessario possedere la massima nitidezza per raggiungere un interessante fattore emozionale. Il foro era troppo piccolo per vedere chiaramente l’immagine della scena ripresa dentro il mirino ottico, gli scatti dovevano quindi essere composti e realizzati al “buio”, cioè eseguiti senza l’osservazione diretta ma esclusivamente puntando la macchina in modo approssimativo e pigiando il pulsante di scatto. La ridotta luminosità dell’effetto obbligava a scegliere ISO molto alti, oppure tempi lunghi per riuscire a impressionare il sensore nel modo adeguato. Girare solo con un buco davanti al sensore si è dimostrato un’esperienza anomala, oltre ad essere osservato con stupore dalla gente ritratta, mi obbligava a cercare soggetti che si staccassero bene dagli sfondi e alla rinuncia definitiva della chiarezza visiva.
Per ovviare alla mancanza di luce non mi sono fatto problemi a usare ISO elevati, da 1600 a 25000 secondo le situazioni, il rumore digitale, applicato a immagini dalla bassa nitidezza, non sarebbe apparso come un elemento negativo della composizione, bensì un’ulteriore “scelta di accurata e ricercata imperfezione”. Ecco a voi alcuni risultati (poco ritoccati in post) per valutare risultati, effetti e possibilità. Se l’articolo dovesse incuriosirvi, allora seguiteci anche nel prossimo, perché v’indicheremo come fare a procurarvi o a costruire questo magico obiettivo costituito da un piccolo spazio fatto di nulla.

scattare senza obiettivo

3200 ISO, 1,6 secondi di esposizione a mano libera. Incremento di tonalità calde con Lightroom.


scattare senza obiettivo

1600 ISO, 1/5 secondo di esposizione a mano libera. Una semplice finestra inondata di luce esterna riesce a creare un’atmosfera di luminosa leggiadria. Gli aloni creatisi spontaneamente a causa del forte contrasto e dall’intenso controluce sono stati ritoccati con un incremento di saturazione dei blu.


scattare senza obiettivo

3200 ISO, 1/10 secondo di esposizione a mano libera. L’indeterminazione visiva dei soggetti riporta l’atmosfera generale ai tempi della costruzione del parco e agli albori della tecnica fotografica.


scattare senza obiettivo

Un’ombra, una forte luce al tramonto con le strutture lineari presenti all’interno di una tromba di scale. La figura antropomorfa spicca sulle rette e parallele svelando una postura di chi osserva e sta scattando. 1/5 di secondo a 1600 ISO.


scattare senza obiettivo

Due soggetti pongono le loro mani per riprodurre il famoso gesto della creazione realizzato da Michelangelo Buonarroti all’interno della cappella Sistina. Scatto realizzato a 1000 ISO con 1 secondo di esposizione a mano libera. Controluce realizzato con una lampada in interni. Schiarimento dei neri dopo una sovraesposizione voluta in fase di ripresa, e riscaldamento dei toni tramite sbilanciamento dell’equilibratura del bianco.


La mancanza di nitidezza potrà sembrare un inutile effetto per ottenere immagini dalla bassa qualità visiva, io invece l’interpreto come scatti emozionali e imprevedibili. In fondo, se ci pensiamo un attimo, la fotografia nasce per aiutarci nel piacere del ricordo, ma spesso, quasi sempre, esagera nel mostrare i particolari. I nostri ricordi vivono di suggestioni e non di dettagli ben visibili, spesso è un profumo a restituire la memoria di un piacevole momento del passato. Quando chiudete gli occhi e pensate a ciò che di più bello avete vissuto osservate oggetti, colori oppure sensazioni?

Max Ferrero

Giornalista dal 1987, Max Ferrero ha pubblicato su tutte le maggiori testate italiane e i suoi reportage si sono concentrati e specializzati nell'ambito della ricerca sociale. Servizi fotografici sulla guerra nell'ex Jugoslavia, il Kurdistan iracheno, il Centro America, l'immigrazione extracomunitaria, i nomadi, gli ospedali psichiatrici e le carceri sono stati oggetto di pubblicazioni e mostre sia per Associazioni, Musei o Comuni quali: Torino, Milano, Lucca, Roma, Novara, Racconigi, Venaria Reale, Chivasso, Gaeta. Ha collaborato con le agenzie fotogiornalistiche: Lucky Star, Photodossier, Linea Press, Blow Up e attualmente AGF. Co-fondatore dell'agenzia fotografica Sync-studio di Torino, attualmente lavora anche su temi geografici e didattici. Attraverso la sua attività d'insegnante, collabora dal 2009 con il sito di divulgazione fotografica Fotozona (www.fotozona.it) curandone gli articoli tecnici e l'aspetto critico. Dal 2011 è professore di fotografia presso l'Accademia di Belle Arti di Novara. Nel 2017 pubblica presso la casa editrice Boopen il libro di tecnica base "tre gradi di profondità fotografica".


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